Degenerazione maculare Grido d'allarme della retina !
Degenerazione maculare Grido d'allarme della retina
I primi segnali, gli esami, le cure: ecco che c'è da sapere
LE RIGHE CON LE PAROLE che da dritte diventano ondulate. I contorni delle singole lettere che si sfuocano fino a confondersi l'una con l'altra. Dalla banale lettura del giornale possono arrivare segnali dagli occhi che è meglio non trascurare soprattutto quando si è superata la soglia dei sessant'anni. Perché sono proprio quelle sopra descritte le avvisaglie che dà la degenerazione maculare, una delle più importanti patologie della parte centrale della retina. E intervenire appena possibile, prima cioè che sia troppo tardi, attraverso una visita dall'oculista già a partire dai 55 anni, può fare davvero la differenza fra il vedere pur con gli occhiali al naso e la cecità. «LE MACULOPATIE cosiddette senili, legate all'invecchiamento, si distinguono in due gruppi. Nei confronti della prima, quella definita "secca" o atrofica, che rappresenta il 90 per cento dei casi, non ci sono allo stato attuale cure efficaci. Per il secondo tipo, la "essudativa" e che riguarda il restante dieci per cento, esistono terapie in grado per il momento di arrestarne la progressione. Prima s'interviene, quando la lesione è ancora di dimensioni contenute, maggiori sono quindi le probabilità di successo». Stefano Gambaro (nella foto), direttore del reparto di oculistica dell'ospedale "E. Bassini" di Cinisello Balsamo, Milano, studia da tempo le "retine in difficoltà". E suona il campanello d'allarme attraverso uno strumento d'ultima generazione, il tomografo a coerenza ottica, attraverso il quale, in pochi minuti, offre un primo elemento di valutazione sulla normalità della struttura maculare. La degenerazione maculare senile è un problema spesso sottovalutato nonostante interessi almeno il 25 per cento della popolazione sopra i 75 anni. Delle due forme, è su quella "umida" che si è maggiormente concentrata la ricerca medica. In quanto la più aggressiva. Evolve nella stragrande maggioranza dei casi, se lasciata a se stessa, in cecità. «L'ultima arma che la scienza ci ha messo a disposizione si chiama Anti-V.e.g.f. (Vascular endothelial growth factor; fattore di crescita endoteliale vascolare, ndr): un farmaco, introdotto nella pratica clinica per questa malattia da qualche anno, che blocca la crescita dei neovasi:questi invadono il tessuto retinico e, se non vengono bloccati, alterano in modo irreversibile la retina e quindi spengono la vista». Ma qual è esattamente la sua genesi? «Nel caso della forma secca ci troviamo di fronte a un fenomeno di progressiva atrofia della struttura della retina. La forma umida, essudativa, è caratterizzata invece dalla formazione di microscopici neovasi, o neovascolarizzazioni, che si infiltrano nella retina dalla sottostante coroide, che è la struttura vascolare del bulbo oculare. Il fenomeno della neovascolarizzazione, lasciato a sé, conduce ad un sovvertimento della struttura maculare, che compromette la vista e conduce prima all'ipovisione e infine alla cecità». LA TERAPIA ANTI V.E.G.F. viene effettuata in ambiente esclusivamente ospedaliero, ma senza necessità di ricovero. «Si tratta dell' iniezione all'interno dell'occhio (nel corpo vitreo), effettuata dopo un' anestesia con collirio, di una sostanza attiva contro i "nemici", cioè i neovasi. Generalmente il primo approccio prevede un ciclo di tre iniezioni a distanza di un mese l'una dall'altra. Queste iniezioni, dispensate gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale, possono essere ripetute in base allo stato della patologia e alla risposta del paziente». Un solo ciclo talora è in grado di bloccare la crescita del tessuto neovascolare. Ecco perché il fattore tempo e la prevenzione possono davvero fare la differenza.
di Ivan Albarelli